La mente mente
anche quando non ce n’è il bisogno
E per lei è normale continuare a creare. Quindi? Difendiamoci con la conoscenza
Quando è a riposo lavora sempre e crea. Quando non ha informazioni, le mente ne crea. Ed è del tutto normale, naturale.
Studiosi della mente ne parlano da sempre, all’inizio del ‘900 in uno straordinario testo si scopre che “ciò che la tua mente riesce a concepire è realizzabile” (cit. “Pensa e arricchisci te stesso”, 1937 Napoleon Hill).
La natura crea in continuo e la linfa che scorre nei vegetali è vita, vita pura e semplice al punto che una pianta se non cresce, non è viva. Siamo esseri pensanti e viviamo per generare sempre e comunque a favore della vita, dell’esistenza. E siamo influenzabili da segnali esterni come lo dimostra, tra gli altri, il biologo Bruce Lipton: un fattore (segnale) esterno modifica la capacità di reazione (della vita) di una cellula.
Replicando questa modalità c’è chi sfrutta questo glitch come un protocollo riconosciuto che dal modeling al governo di popolazioni vede, mai come oggi, dimostrato il comandare per mezzo del terrore, del coordinare operazioni di mercato facendo leva sulla paura delle malattie e molti altri casi di controllo con lo stesso criterio di influenza sulla mente. “Siamo fatti così!”, spesso si senti dire, un modo rasseganto di accettare un condizione non voluta ma presa come indiscutibile, spesso una scusa per non pensare di fare altro…
Eppure avviene anche il contrario come con grandi personaggi. Essi hanno influenzato intere popolazioni con l’esempio di grande leadership e grande merito di aver creato e diffuso idee legate al bene e alla pace a favore di un segnale creativo, positivo, esattamente con la stessa leva con cui altri hanno influenzato menti con la persecuzione. La creatività del pensiero vede la perseveranza di Mahatma Gāndhī influenzare in modo positivo a favore della pace o Madre Teresa a favore dell’amore per l’essere umano.
Come per tutti i casi, per ogni fattore esterno si vede un risultato sull’influenza della mente di qualcuno, di un leader, verso un generoso numero di destinatari.
La leva è pressoché semplice: si genera un comportamento che grazie alla cultura già installata nella popolazione, amplifica i pensieri compromessi da forme di giudizio e pregiudizio installati nella mente della gente. Ne consegue un comportamento tendenzialmente prevedibile.
È normale per un bambino, a cui è stato insegnato che esiste l’uomo nero o il lupo cattivo, aver il terrore di incontrare gente con pelle di colore diversa o aver paura di incontrare il vicino di casa che magari ha un cane innocuo. O ancora, è normale pensare che esaltando questi percorsi dove la mente si inventa che è – appunto col giudizio – giusto uccidere un nemico di cultura.
Dove cede il sistema? Nella ricerca, nello studio e la scoperta di fattori, scienza, natura di segnali a favore di tutti, a favore della vita: la conoscenza.
Formarsi per la vita è un dovere morale, per l’umanità, per definire una cultura superiore, sopra le parti a favore di una diffusione di ricchezza data dalla conoscenza.
Pensiamo a quanto sia importante il danaro oggi e a come ancora viene inteso come risorsa limitata ed è vero. Ma, se io scambio una moneta con qualcuno, io resto senza moneta a favore dell’altro; pur tuttavia se io scambio conoscenza con qualcuno ottengo un risultato in cui entrambi ci siamo arricchiti di conoscenza. E se con la stessa conoscenza posso generare ulteriore ricchezza. Nel flusso di conoscenza capisco che tutto diventa più fluido e favorevole allo sviluppo di una nuova cultura basata sullo scambio, sulla vera ricchezza in cui posso esaltare i valori umani anziché generare odio. Si tratta davvero di una scelta.
Banalmente generare da parte delle menti una situazione di sconforto parte dalla tipica situazione di branco in cui si vede un gruppo a sfavore di qualcuno che “deve” essere alienato. Il segnale esterno è semplice, diretto, chiaro e si vede il colpito essere escluso a causa di giudizi in certi casi, in profondi pre-giudizi in altri. Un potente generatore di reclusione che crea una “situazione di clima” al punto che la persona incriminata si trova in mezzo ad un fuoco voluto dalla leva dell’esclusione, dal giudizio, appunto.
Come un virus, dal nucleo famigliare fino ad arrivare a livello globale: il condizionamento diventa cultura.
Oggi, ancora, il segnale esterno, l’influenza, vede spesso creare menti con giudizi così profondi da generare disturbi molto importanti in famiglia. L’esempio discusso spesso è l’alienazione parentale in cui si vede uno dei due genitori essere sopraffatto dai giudizi e spesso pregiudizi. Quando non viene coltivata la conoscenza si fa spazio alla somma di fattori culturali, amplificati dall’esercizio giornaliero, della mente e dai frutti delle cieche abitudini.
È normale per un bambino credere che chi ha più influenza sia il buono e creare un muro di ostilità sia la cosa giusta. O, almeno, è normale fargli intendere che sia così. Non ci sono colpe per loro, non ci son nemmeno colpe, spesso, per i genitori che riproducono un protocollo a loro volta insegnato nei loro confronti. E ancora oggi vediamo enti come l’Oms che fronteggiano i fattori culturali a sostegno dell’alimentazione parentale.
Abbiamo ancora molto per crescere e per coltivare la nostra conoscenza, è un viaggio.